lunedì 21 settembre 2009

La casa dei pensieri inutili.

Se tu prendi la strada che dal culo della chiesa punta a occidente e ti incammini, dopo il posto da cui si viene e si va e dopo il dosso, c’è la piazza che dicono dei rossi, o rossa.
Il grande patriarca e la sua corte ci costruirono, poco tempo fa, l’andazzo che gira, struttura che stravolge l’andazzo del passante da rettilineo a circolare per poi forse rettilineo farlo tornare. Essi infatti entrano, girano, escono e vanno via.
Al margine dell’andazzo che gira, ci sta la casa dei pensieri inutili.
Appoggiata all’andazzo che gira, essa ogni tanto ferma un passante che, per etilico incanto, comincia a parlare e pensare di inutili cose e inutili faccende.
L’economo maggiore, capo supremo del sistema su cui tutti si ruota, si compra e si vende, definisce l’utile come il margine economico netto che deriva da ogni azione. Per esempio: tre respiri bruciano trenta calorie che producono sette passi che ti portano al lavoro. Nella contabilizzazione postuma del’io nascente, tradotta sia dal tu permanente, che dal noi contabile, essi valgono, i tre respiri intendo, l’esatto ammontare di tre monete di bronzo e un nichel, inflazione permettendo.
In genere tutti si sottostà piuttosto passivamente alle regole di utilità calate dalle grandi sfere, (sostituite in tempi non remoti alle alte sfere in quanto più produttive perché appunto non sollevate) ma solo in genere.
Capita, purtroppo, che esistano luoghi dove il tempo si espanda o contragga a piacere, rendendo così la monetizzazione difficile quando non impossibile. C’è da dire che tra le ultime scoperte nella branca della ragionevole monetizzazione, il dott. Ramlic, unendo profittuosamente le sue competenze nel campo della ragioneria e dell’astrofisica ha esposto una sua teoria detta: “ l’assoluto relativo valore del tempo” . In questo studio il Ramlic tenta di dimostrare come attraverso la fissazione dell’assoluto nel processo di decadimento di una stella nana rosè, si può monetizzare il tempo di attraversamento di un tornello da parte del medio impiegato europeico. Purtroppo la legge perde coerenza nei risultati qualora l’impiegato appartenga ad altri continenti. La comunità scientifica non ha ancora dato riconoscimento ufficiale a tale teoria anche se la stessa, la teoria intendo, ha riscontrato commenti tra l’ilare e l’entusiasta fra gli impiegati di numerose fabbriche di Cernusco sul Naviglio.
La casa degli inutili pensieri è uno di questi luoghi, dove il tempo perde in sostanza la capacità di essere monetizzato con tutte le conseguenze sul valore delle azioni che richiedono tempo per essere compiute, ne deriva quindi che nulla ha il valore che ha, e tutto vale quanto si vuole, con buona pace del dott. Ramlic.
La legge dettata dalle Grandi Sfere non permetterebbe mai il pensiero inutile, gratuito, ma nella casa dei pensieri inutili, lo dice anche il nome, l’utile passa in secondo piano, la legge passa in secondo piano, alle volte bussa anche il vicino del secondo piano protestando per l’inutile rumore che si produce ad ore più utili al sonno che alla veglia, ma inutilmente perché nessuno gli risponde.
Entrando nella casa dei pensieri inutili, che dopo i primi tre scalini è la porta sulla destra, si sente subito nell’aria il buon profumo dell’ebbrezza passata, mentre già nell’aria si spande l’aroma dell’ebbrezza che sta per arrivare.
Sulla sinistra c’è subito la sala dei procuratori, dove in piccole otri trasparenti riposa il distillato (detto appunto procuratore) futuro e presente e quel che rimane di quello passato. I così detti procuratori hanno lo scopo di creare o procurare appunto l’ebbrezza, madre e padrona dei pensieri inutili.
Negli otri si vedono galleggiare foglie di malerba, maggiociondolo e maggiorana, scorze di pesca, di pera e di plenilunio, un pizzico di zucchero, zenzero e zinco, acqua.
Dopo aver pronunciato inutili parole di raccomandazione a dio, della cui esistenza si dubita fortemente, si raccolgono gli otri e se li porta nel cuore della casa dei pensieri inutili: la stanza dei pensieri inutili.
Attorno al tavolo, che per non dare adito a singulti democratici, è rettangolare, comincia la lenta e leggera mescita dei procuratori, mentre già il tabacco fumoso, agli occhi, l’ultimo guardo esclude.
Lì cominciano a nascere i pensieri inutili.
Salgono da una bocca o da un’altra, prendono corpo, con consistenza verdolina, o marroneggiante, talvolta rossastra o, più raramente, rossa e fiammeggiante. Aleggiano sopra il tavolo in principio, fumosi e indefiniti e si dissolvono con la velocità con cui sono stati creati.
Mentre la mescita avanza, con prepotenza alluvionale, i pensieri nascono sempre più corposi, il fumo pensatore si addensa, a volte in forme dalla geometria sferica o ovoidale, a volte in spigolose forme irsute che cominciano a galleggiare. Riprese da una bocca o da un’altra, queste figure fluttuanti rimbalzano sulle pareti e si rinvigoriscono, si nascondono, riescono fuori quando già un altro pensiero trotta per la stanza e fanno confusione. Planano fra capo e chino richiedendo gelosi il loro posto nell’attenzione dello stanzone, scacciano erotiche pulsioni dalle menti ormonali, e iperboli metafisiche dalle menti filosofali, riportano il tutto al valore del non senso del presente oblio. Donano pace? Quasi mai.
Capita, ma non sempre, che i pensieri acquistino tale velocità, nel rimbalzo con le pareti e nelle riprese delle bocche degli inutili pensanti, da diventare pericolosi o molesti infastidendo la mescita, costringendo gl’inutili pensatori a bruschi scarti perché il tal pensiero non gli si schianti in testa. Si vedono calici di vino sollevare in fretta la sottana, storgersi atterriti, per schivare l’ultimo pensiero della scorsa settimana che consapevole di dover morire, rifugge con gioia alla sua sorte che già si appresta.
Gli inutili pensati, gia adusi a queste manifestazioni, schivano con grazia, anche se con palpiti di apprensione tutto quel inutile pensare vagante continuando a mescere con profusione.
D’improvviso tutto cala, il tempo rimasto in agguato segna i volti, e gli occhi cerchiati di nero e intrisi di rosso. Il tempo che nella casa degli inutili pensieri non può essere contato, non perde per questo la sua forza e il suo vigore, succhia piano l’energia, sbiadisce ogni fantasia, e fuori è chiaro.
Tutto si spegne, la mescita esausta si riposa con il fiato grosso, gli inutili pensatori sciamano davanti alla porta dei procuratori maledicendo i loro corpi inopportuni e mendaci. Escono, si tuffano nell’andazzo che gira pregando dio, su cui continuano a non avere nessuna certezza, di farli uscire nella giusta direzione, di non fare confusione, che i punti di disequilibrio sono stravaganze a cui prestare attenzione. Ho visto amici sbagliare uscita all’andazzo, risvegliarsi la mattina padre di tre figli in un paese non meglio precisato dell’africa subtropicale (ricevemmo cartolina).

Lentamente intanto, un utilissimo sole, il cui utile energetico è la cifra di utile più cifra di tutte, comincia a rischiarare a est.